Con riguardo alle locazioni commerciali per le quali il conduttore sia stato costretto a chiudere il proprio esercizio in quanto rientrante tra le attività sospese dalla decretazione d’urgenza legata all’emergenza COVID – 19, si pone l’esigenza di comprendere se, ed a quale titolo, il conduttore possa sospendere il pagamento del canone di locazione o, addirittura, considerarsi esonerato dal relativo obbligo.
Una prima soluzione potrebbe fondarsi sul disposto dell’art. 1218 c.c., ai sensi del quale il debitore non è tenuto al risarcimento del danno laddove provi che l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento siano dipesi da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, come nell’ipotesi di chiusura dell’attività commerciale su disposizione dell’Autorità.
Tale ricostruzione incorre in un duplice ordine di problematiche: da un lato, le obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro non potrebbero considerarsi passibili di sopravvenuta impossibilità di esecuzione, trattandosi di bene generico e, in quanto tale, insuscettibile di perimento; dall’altro, l’art. 1218 c.c. richiede la presenza di un impedimento oggettivo ed assoluto all’esecuzione della prestazione che non possa essere rimosso, non potendo configurarsi come tale la semplice difficoltà economica.
Va comunque tenuto presente che, ai sensi dell’art. 91 del D.L. n. 18/2020 (c.d. Decreto “Cura-Italia”), con riferimento alla materia contrattuale, il rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus deve sempre essere valutato dal Giudice ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, sia con riguardo al risarcimento del danno, che in tema di applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
Una seconda soluzione potrebbe fondarsi sul disposto dell’art. 1256 c.c., che disciplina l’ipotesi della impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore, posto che, per effetto della chiusura disposta dall’Autorità, il conduttore sarebbe impossibilitato ad utilizzare l’immobile del quale gli è stato contrattualmente assicurato il godimento e, conseguentemente, sarebbe legittimato, in via provvisoria, a non adempiere alla propria obbligazione relativa al versamento del canone.
Va comunque tenuto presente che l’impossibilità temporanea dell’adempimento disciplinata dall’art. 1256 c.c. non libera definitivamente il conduttore dall’obbligo di eseguire la prestazione, posto che il versamento del canone sarebbe comunque dovuto al cessare della causa di impossibilità.
Da ultimo, una terza soluzione potrebbe fondarsi sul disposto dell’art. 1467 c.c. che, in materia di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riconosce alla parte la possibilità di richiedere la risoluzione del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosità della propria obbligazione.
Tale rimedio potrebbe essere esperito dal conduttore nell’ipotesi in cui la chiusura dell’attività dovesse protrarsi per un tempo sufficientemente lungo, e con la precisazione che, qualora il conduttore avesse comunque interesse a proseguire il rapporto contrattuale, potrebbe utilizzare detto strumento per far leva su di una rinegoziazione dell’accordo contrattuale, visto che il locatore potrebbe evitare l’azione di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta offrendosi di ricondurre ad equità il contratto.